La scorsa settimana sono stata alla presentazione del libro di un mio caro amico, Francesco Baggiani, che tratta il tema della discriminazione ponderale.
Molti non sanno cosa sia la discriminazione ponderale. Credo sia importate diffondere qualche informazione sull’argomento perché sicuramente ognuno di noi ne è stato vittima o carnefice. Penso che anche questo possa essere un piccolo passo verso l’azione nonviolenta, nel rispetto degli altri e di noi stessi. Preciso che quello che riporterò è ciò che ho ascoltato durante la presentazione, quindi per un’informazione completa sull’argomento vi rimando al libro: P(r)eso di mira – Pregiudizio e discriminazione dell’obesità, di F. Baggiani, Ed. Clichy, 2014.
Ma cos’è la discriminazione ponderale? Con questo termine si indica tutta quella serie di ingiustizie, trattamenti iniqui e vessazioni basate sul peso corporeo della persona, più comunemente osservabile nei confronti di chi sia sovrappeso. Questo tipo di stigmatizzazione esiste nel nostro modo di pensare e nella nostra società perché si è consolidata l’idea che la forma fisica di una persona sia responsabilità della persona stessa. Ciò significa che se sei in sovrappeso la colpa è tua (e questo differenzia la presa in giro dell’obeso da quella basata su altri difetti fisici: la presunta colpevolezza). Da questo ne deriva che “se insulti un nero sei razzista, se insulti un gay sei omofono, ma se offendi un ciccione… sei simpatico”, poiché si giustifica una qualche forma di punizione nei suoi confronti. Purtroppo ancora non viene abbastanza preso in considerazione l’effetto che questo modo di “scherzare” può avere sulle malcapitate vittime e, fondamentalmente, non si sono messe sul piatto le complesse cause che portano all’obesità. Una varietà di cause che ci farebbero capire come, nella stragrande maggioranza dei casi, non sia vero che le persone in sovrappeso sono tali solo perché pigre, senza forza di volontà e incapaci di dire di no ad un pasticcino. Menomale però che con questo bel libro, che consiglio a tutti di comprare, Francesco sta facendo un po’ di chiarezza.
Secondo gli studi riportati in “P(r)eso di mira”, i meccanismi che controllano il peso non sono così facili da controllare e in alcuni casi è veramente difficile “costringere” il proprio corpo a non raggiungere (o recuperare) un certo peso. Per un gran numero di persone la questione ha una radice genetica che viene aggravata dall’ambiente in cui viviamo (quello tipico delle società occidentali del “benessere”) che viene definito dall’autore “obesogeno”, cioè che favorisce il sovrappeso. Queste cause genetiche, che sono un problema diverso dalle disfunzioni endocrine o sindromiche che portano all’ingrassamento, fanno sì per esempio, che il senso di sazietà, determinato dai geni appunto, vari da persona a persona. Per dare un’immagine chiara, tra due persone che mangiano la stessa cosa, se una delle due continua a mangiare mentre l’altra è sazia, si dà per scontato che questo succeda perché la prima è più ingorda o golosa e non perché abbia dei geni che gli causino, fin dalla nascita, una sensazione di sazietà spostata un po’ più in avanti.
Quindi quello che si tende a pensare è che l’obesità dipenda dalla mancanza di determinazione dell’interessato, senza tenere conto che fame, sazietà, assorbimento, metabolismo non vengono affatto decisi o controllati dalla volontà. Già a questo punto abbiamo un bel po’ di materiale per riflettere su di noi e su come ci sentiamo quando entriamo in contatto con una persona che non rispecchia i canoni di magrezza correnti.
Un altro aspetto importante che è stato affrontato Mercoledì 4 Marzo alla presentazione del libro è quello relativo alle conseguenze di questi atteggiamenti discriminatori e colpevolizzanti. Essi sono particolarmente gravi in età evolutiva (la discriminazione compare fin dalla scuola dell’infanzia) e molto spesso sono la causa, e non l’effetto, di un’obesità più grave. Infatti può accadere che un bambino un po’ più in carne, ma comunque in buona salute, venga preso in giro dai suoi compagni, escluso dal gruppo e dai giochi, vessato. Questo conduce molto spesso ad un abbassamento dell’autostima che, al pari dei parametri ematici, è un importante elemento da tenere dentro i giusti ranghi affinché si parli di salute della persona: spesso infatti si considera unicamente il buon esito delle analisi e delle visite mediche come indicatori di una buona salute, quando invece la serenità psicologica gioca un ruolo altrettanto importante. Infatti se non si ha autostima, la reazione che scatta nella persona è perlopiù quella di rifiuto di sé e del proprio corpo, cosa che può condurre facilmente a ansia, depressione, ma anche ai disturbi del comportamento alimentare.
Il fatto che talvolta i bambini grassottelli evitano gli sport, poi, non dipende quasi mai dal loro essere pigri, ma dal tentativo di cercare modi per allontanarsi dalle occasioni che potrebbero metterli sotto la lente discriminatoria degli altri. Tutto questo porterà ad adottare delle strategie di compensazione che finiscono per portarli proprio lì dove il problema verrà ingrandito, e cioè verso il cibo.
Un altro punto su cui si è soffermato l’autore durante la conferenza è stato quello che riguarda le modalità con le quali la famiglia affronta il tema del peso dei bambini. I genitori, che ovviamente vogliono il bene dei propri figli, credono che il problema sia il peso in eccesso. Per evitare loro il dolore delle prese in giro ed eventuali danni alla salute, cercano tutti i modi per farli dimagrire, adottando anche loro in alcuni casi la presa in giro, perché credono che questo possa farli reagire. In realtà li fanno entrare ancora di più nel tunnel. Quello che mi sembra di aver capito da questo incontro e che mi interessa in quanto mamma, è che forse quando il peso del bambino diventa davvero molto importate non va visto come la causa di un problema, ma come l’effetto di un problema.
Verso la fine della conferenza poi è stato chiesto all’autore quali consigli si possono dare sia ai genitori che agli insegnanti in queste situazioni. Secondo Francesco Baggiani la cosa importate è concentrarsi più sulla salute e sul benessere che sulla forma fisica. Non entriamo nella logica della “norma” e della paura di ciò che è diverso! Quindi, per quanto riguarda il cibo, il punto sarà quello di adottare un’alimentazione sana il cui obiettivo non deve essere dimagrire ma nutrirsi in modo salutare, e questo non solo per chi è obeso, ma per tutta la famiglia. L’attività fisica deve esserci, ma deve dare gioia e serenità, non diventare occasione di scherno e fallimento (esistono sport, come la pallanuoto, dove un po’ di peso in eccesso può divenire addirittura un vantaggio). Per quanto riguarda invece le relazioni dovremmo cercare di lavorare sull’aumento dell’autostima dei bambini, si potrebbe dire sul loro empowerment, rinforzandoli su ciò che sanno fare bene; dovremmo acquisire e dare loro una corretta informazione sulla loro caratteristica corporea, cercando di liberarsi e liberarli da pregiudizi e stereotipi. Infine facilitare lo sviluppo di strategie sociali positive e non oppositive. La riflessione fondamentale rimane comunque su un nodo centrale: far capire agli altri che li amiamo per quello che sono e non per come appaiono.
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